Sulla morte (professionale) del Chief Marketing Officer – che in italiano tradurremmo con un più prosaico Direttore (o Direttrice) Marketing, se ne scrive da ormai diversi anni. A memoria dal 2010, ovvero più o meno dalla più larga diffusione dei social network come piattaforme di interazione con clienti e consumatori.
In effetti, basta digitare su Google la query CMO is Dead per trovare milioni di risultati, tutti o quasi accomunati da un punto: il CMO ha sempre più difficoltà a identificare, tenere traccia e comprendere tutte le innovazioni che riguardano il marketing, il customer engagement e la comunicazione aziendale. Anche perché fare marketing è come insegnare: tu maturi e rallenti, mentre i trend ringiovaniscono e accelerano la propria portata.
Facciamo un gioco.
Allora, cosa fare?
Le possibilità sono due: ci abbandoniamo all’idea di invecchiare e iniziamo a barricarci nei nostri uffici, oppure facciamo un esercizio e immaginiamo da chi o cosa sarà abitato un ufficio marketing. Ho tentato questa strada provando a identificare quattro futuri colleghi e colleghe del CMO.
Il collega Centennial
Ricordi uno degli ultimi flop della campagna elettorale di Donal Trump? Era tutto pronto al Bok Center di Tulsa, in Oklahoma, con oltre un milione di biglietti gratuiti prenotati. La performance è stata però un flop: il Presidente statunitense ha infatti parlato davanti a poco più di 6.000 persone: colpa degli adolescenti, che interagendo su TikTok sono corsi in massa per bloccare il proprio posto… salvo poi non presentarsi fisicamente. Un’azione di attivismo politico attraverso i social che ha creato non poco imbarazzo nel team di Trump, passato in poche ore dall’orgoglio al pallore.
Cosa possiamo imparare da un episodio simile? Che per parlare al pubblico bisogna conoscerlo bene, indipendentemente da quanto potere, budget o fama si abbia.
Dunque, nel team di Marketing 2030 ci saranno i trend hunter: non più però ingombranti e costose società di ricerca, ma ragazzi e ragazze giovani o giovanissimi chiamati a collaborare con i brand e i propri uffici marketing per captare e capire senza soluzione di continuità i nuovi trend del momento. Da sempre le marche più innovative attivano questo tipo di collaborazioni – penso agli Student Marketeer di Red Bull o al coinvolgimento da parte di Luxottica del millennial Riccardo Pozzoli come Digital Advisor. Perché è stato sempre difficile, ma è ormai impossibile parlare a un pubblico se non appartieni al suo contesto e non lo vivi ‘da dentro’. Un’idea che un articolo letto recentemente rende bene anche in tecnichese: Why Millennial Employees Are Best Qualified to Reach Millennial Customers.
Il collega Artificiale
Un altro collega che sarà molto prezioso al CMO sarà… robotico. Magari, un’intelligenza artificiale? Sempre più, in effetti:
- gli algoritmi danno filo da torcere all’efficacia delle attività di marketing delle aziende (se il tema ti interessa, ti consiglio il mio ultimo libro Platform Brand);
- l’AI è capace di riconoscere le strutture narrative più efficaci, e di applicarle efficacemente alla comunicazione d’impresa (se il tema ti interessa, ti consiglio invece l’ultimo libro di Joseph Sassoon Storytelling e Intelligenza Artificiale).
Insomma algoritmi, AI e machine learning devono diventare alleati di marketing. Nell’articolo Designing the Machines That Will Design Strategy pubblicato su Harvard Business Review, gli autori Martin Reeves e Daichi Ueda parlano dell’avvento di un nuovo professionista: il Chief Strategy Robot. Mentre all’interno del libro Competing in the Age of AI, il Professore italiano dell’Università di Harvard Marco Iansiti disegna una nuova fabbrica del futuro.
- Il suo software guida milioni di aste e negoziazioni con Google.
- I suoi algoritmi decidono quali auto offrono servizio su Uber, fissano i prezzi degli smartphone e delle t-shirt, guidano i robot che fanno le pulizie nei pavimenti dei supermercati, governano i bot del customer care.
Il collega Cliente
Quello della customer centricity è un tema sempre più diffuso, per non dire scontato e banalizzato.
Oggi più che mai, the customers are the marketing department. Brand come Coca Cola hanno un ‘problema’ davvero felice, che riassumo con una semplice formula: UGC > CGC. In sostanza, i contenuti generati dalle persone (user-generated content – UGC) sono maggiori in quantità della somma di tutti i contenuti generati dai team marketing sparsi nel mondo dell’azienda (company-generated content – CGC). UGC che, nella prospettiva del consumer ddecision journey di McKinsey, generano consumer-driven marketing impattando con forza nel customer journey dei clienti.
Sempre più dunque la collaborazione aperta, trasparente, genuina tra brand e consumatori diventa essenziale per un marketing di nuova generazione.
Il collega Creator
Infine, ma non per ordine di importanza, i CMO avranno come colleghi i Content Creator.
Per ora vengono coinvolti come collaboratori esterni e portano diverse tipologie di valore aggiunto, ma nella mia prospettiva diventeranno presto integrati all’interno del team. Con tutti i pro e i contro che ho elencato nel mio recente articolo Da Content Creator, a Brand Disruptor? L’odi et amo dell’Influencer Marketing.
Tutto pronto per i nuovi colleghi? No.
Questi, a mio avviso, saranno i nuovi colleghi dell’ufficio marketing che popoleranno i corridoio tra qualche anno. Dietro un assetto di questo tipo, stanno tante sfide che il CMO dovrà abbracciare e risolvere. Ne elenco alcune, chiamando in casa alcuni aspetti di change management:
- Come fare collaborare efficacemente umani e robot?
- Come gestire almeno due brand – quello aziendale e quello dei content creator – all’interno di un unico cappello capace di valorizzare entrambi?
- I colleghi dell’azienda (ma non dell’ufficio marketing) saranno pronti a tutta questa innovazione, oppure vi vedranno come entità aliene da cui stare alla larga? 👽
La sfida è comunque aperta: e tu, vedi qualche altro collega all’orizzonte?