Si può essere profeti del passato anche con lo Smart Working

Sto leggendo in queste settimane tanti casi – da Salesforce a Tim, da Twitter a Google, da Enel a Schroders – tanti contenuti e tante riflessioni sull’impatto dello smart working e di temi collegati, come quello del south working. Riassumendo, il pensiero che incontro più spesso è: così facendo, come lavoratori risparmiamo.

  • risparmiamo nei pasti – invece del tragico pokè a 15 euro al bar facciamo gli spaghetti in casa a 3 euro più sani / buoni;
  • risparmiamo nei trasporti, sia economicamente che in tempo speso;
  • ottimizziamo gli altri task della giornata;
  • in generale, appunto, risparmiamo.

Ma che cos’è lo smart working?

Nell’articolo Si Fa Presto a Dire Smart pubblicato sul Sole 24Ore, la Professoressa dell’Università Cattolica di Milano Barbara Imperatori condivide una definizione molto chiara di smart working.

Lo smart working è un approccio innovativo all’organizzazione del lavoro che si contraddistingue per la flessibilità e l’autonomia nella scelta di spazi, tempi e strumenti e che prevede una valutazione delle performance sulla base dei risultati raggiunti.

‘Smart’…

Proprio queste parole spingono il dibattito ben più in là, sotto diverse dimensioni. Ho deciso allora di dire la mia sul tema, non tanto da esperto in materia ma da persona che lavora in ‘modalità smart’ dal primo giorno di lavoro e che non ha mai conosciuto modi alternativi di intendere una giornata tipo.

1. Lo smart working ben fatto apre il dibattito dell’identificazione del lavoratore verso il proprio datore di lavoro, che Alessandro Donadio ha ben raccontato nel bel libro #Smarting Up!. Un conto è lavorare dentro l’organizzazione – che attraverso i propri riti, miti, simboli e artefatti ci porta a bordo e fidelizza nel tempo, anche solo grazie alla macchinetta del caffè – un conto è farlo da casa o in altre condizioni, dove vengono a galla altre variabili decisive. Contano più i contenuti di ciò che si fa, i progetti su cui si lavora, le soft skill dei nostri colleghi come empatia o intelligenza emotiva, etc. Insomma, conta di più cosa si fa rispetto a per chi lo si fa.

2. Lo smart working ben fatto pone anche un tema di freelance mindset, su cui Matteo Sola ha sollevato diverse idee interessanti nel suo articolo Dipendente, Freelance o Entrambi?. Aprirci allo smart working spesso elimina il bivio tra dipendente e freelancer. Dalle sue esperienze legate al mondo delle persone, Matteo nota:

Oggi vedo sempre più persone saltare da una parte all’altra della barricata con una certa disinvoltura. Da specialista in azienda a freelance, da manager di una corporate a consulente a startupper e altro ancora.

Il lavoro smart libera inoltre energie e, anche per il primo punto che ho elencato, permette a tutti di potere svolgere attività ancillari anche slegate rispetto all’occupazione principale. Ciò modifica necessariamente anche i sistemi di ricompensa, incentivazione e crescita: non più ‘un tanto’ indipendentemente dai chili prodotti, insomma.

3. Lo smart working ben fatto apre a un modo completamente diverso di lavorare. Non esistono più i canonici e pre-fissati giorni / orari lavorativi e quelli di pausa o ferie, ma esistono i risultati. Ci saranno periodi più carichi e che richiedono anche weekend e notti e momenti in cui è possibile andare ‘on the beach’ anche il martedì.

Insomma, lo smart working è una sfida, e come in ogni sfida c’è chi vince e c’è chi perde.

Se pensi allo smart working solo come un modo salvifico per avere più tempo a pranzo, per risparmiare il costo del caffè, per potere utilizzare i buoni pasto all’Esselunga invece che in pausa pranzo o per evitare il traffico nell’ora di punta, a mio avviso hai perso. Perché molto probabilmente non è un problema di modalità di lavoro ma di qualcosa di più serio.

  • il lavoro in sé;
  • l’azienda per cui lavori;
  • la città in cui hai deciso di vivere.

Insomma: riutilizzando ma con un secondo significato un’altra bella frase di Matteo Sola (la trovi in questo post, di cui ti consiglio la lettura), si può essere profeti del passato anche pensando di fare smart working.