C’era una volta il mondo – almeno, quel mondo che conoscevamo fino al 25 febbraio 2020. Poi, abbiamo incontrato un grosso Cigno Nero: un evento improvviso come Covid-19, una pandemia che insieme a una buona dose di infodemia ci ha tolto molte delle convinzioni che avevamo come persone e consumatori.
Di Customer Experience, si parla sempre più. L’attenzione si sposta sul risultato dell’interazione tra l’utente e l’azienda, fatto di sensazioni ed emozioni. Se sono positive, bingo! Voilà una CX a prova d’arte. D’altronde, sappiamo che Amazon si chiama (anche) così anche perché amazing è la prima parola a cui abbiamo pensato più o meno tutte e tutti, la prima volta che abbiamo testato il servizio.
Covid-19 ha ulteriormente accelerato l’urgenza di riflettere sulla CX, anche perché alcune delle aziende campioni di customer-centricity – Disney, Starbucks, Zara – se la sono vista davvero brutta a causa dello sbilanciamento sul retail fisico.
Sfidare la sindrome da capanna
Uno dei primi articoli che hanno iniziato a indagare l’evoluzione della CX in periodi critici come quelli della pandemia, è quello di McKinsey Adapting customer experience in the time of coronavirus. Ne sono seguiti tanti altri, tra cui ti segnalo un contributo di Francesca Marchese (una mia bravissima studentessa, nonché un talento da tenere d’occhio) che su This MARKETERs Life si domanda: cosa resterà della customer experience?.
Tante questioni, tanti dubbi. Ma ora, una bella certezza.
Qualunque sia la tua prospettiva, i clienti esistono ancora, sono ‘solo’ sul divano, attanagliati dalla sindrome da capanna.
Proprio quest’ultima, detta anche sindrome del prigioniero, è interessante e si riferisce ad uno stato di smarrimento che implica la voglia di continuare a rimanere al sicuro nel proprio rifugio. Come riconoscerla?
- Letargia
- Difficoltà di concentrazione e scarsa memoria
- Demotivazione
- Voglia di determinati cibi per calmare l’ansia
- Tristezza, paura, angoscia, frustrazione.
- Paura di uscire (spesso nascosta)
Insomma, non vogliamo più uscire. Questo sarà un punto importante per qualsiasi brand e business che vorrà tornare o continuare a splendere in quella nuova normalità che tutti stiamo cercando di decodificare. E il digitale diventa certamente un fattore abilitante a cui fare affidamento.
Cos’è l’interim normal e con quale vocabolario possiamo affrontarlo
Cosa fare, per progettare e sostenere nel tempo un’interazione efficace con i clienti nei prossimi mesi?
Per prima cosa, dobbiamo fare chiarezza sui prossimi mesi: e su di essi, abbiamo più domande che risposte. Per tale ragione, il Global Evangelist di SalesForce Brian Solis suggerisce di parlare di interim normal, non tanto di new normal o next normal.
I prossimi 12 – 18 mesi saranno di interim normal: uno stato di transizione e incertezza. Stiamo imparando, disimparando, e inventando mentre procediamo.
In effetti, new e next presuppongono certezze, modelli a cui fare riferimento, buone pratiche ancora tutte da scrivere. Certamente, nell’interim normal vinceranno i business e gli imprenditori più coraggiosi, creativi, proattivi. Ma poi, che fare?
Da parte mia non ho la bacchetta magica, ma i continui confronti con clienti, colleghi e partner hanno fissato alcune idee. Le riassumo in forma di parole chiave per popolare il vocabolario della Customer Experience a prova di interim normal.
- Cortesia: con tutti questi saldi e saldissimi, come persone abbiamo capito di avere il coltello (dei consumi) dalla parte del manico. Ci aspettiamo cortesia, empatia e disponibilità, sia nelle relazioni fisiche che nel customer care digitale. Cortesia, empatia e disponibilità diventano leve anche per raggiungere nuovi clienti, la cui fidelizzazione verso i concorrenti già ai minimi storici, a causa del newism si è ulteriormente assopita nelle settimane di lontananza forzata per lockdown.
- Trasparenza: ricorda sempre che il comparatore di prezzi è a un click di distanza…
- Personalizzazione: il cliente si aspetterà sempre più un servizio completo e su misura, sia attraverso un tocco umano (penso ai sales assistant dedicati o alla possibilità di prenotare una visita 1-to-1 in boutique) che grazie al potere delle analitiche. Proprio tale personalizzazione permetterà di diventare non più tanto e solo specialisti di prodotto, ma piuttosto specialisti di come lo stesso viene effettivamente utilizzato dall’utente. Inutile e controproducente avere una Ferrari, se si ha paura della velocità…
- Velocità: a proposito di velocità, quella non potrà più mancare. Non vogliamo stare in spazi chiusi e non vogliamo aspettare. Se prima qualcuno poteva ancora permettersi di avere qualche dubbio, oggi non resta che accelerare.
- Digitale: messaggistica istantanea, ecommerce, email, pagamenti contactless, soluzioni salta-fila o di prenotazione online, servizi di consulenza online. Da moda, vezzo, ‘di cui’, con Covid-19 il digitale è entrato negli strumenti a disposizione di qualsiasi azienda dall’ingresso principale.
Cinque parole per leggere questi giorni: come le applicherai alla tua quotidianità?